Atelier letterario con Alessandro Baricco
Castello di Chambord in occasione dell'incontro tra i Presidenti Macron e MattarellaIl 2 maggio 2019 cinquecento studenti italiani e francesi sono stati invitati al castello di Chambord nella Valle della Loira. I Presidenti della Repubblica Sergio Mattarella ed Emmanuel Macron hanno reso omaggio al genio rinascimentale Leonardo da Vinci e incontrato gli alunni nel corso di una giornata densa di eventi, tra i quali l’atelier letterario dello scrittore Alessandro Baricco.
Tra gli invitati anche gli studenti della sezione italiana del Lycée International di Saint Germain en Laye e del Lycée Marseilleveyre di Marsiglia. Due alunni di queste scuole, Francesca Giannella e Gabriele Pintus, hanno realizzato quanto segue.
Discorso dell’alunna Francesca Giannella della Sezione Italiana del Lycée International di Saint Germain en Laye ai Signori Presidenti Macron e Mattarella, accompagnati dalle Signore Brigitte Macron e Laura Mattarella a Chambord, giovedì 2 maggio 2019, in seguito all’Atelier con lo scrittore Alessandro Baricco
Signori Presidenti, Signore Mattarella e Macron, buongiorno.
Mi chiamo Francesca Giannella e studio nella sezione italiana del Liceo Internazionale di Saint Germain en Laye. Abbiamo parlato di tutto e di più, oggi, con lo scrittore Alessandro Baricco, quindi mi permetterò di lanciare solo alcune delle sue frasi che più mi hanno colpita.
Ovviamente, abbiamo parlato di Leonardo Da Vinci, che è il tema conduttore della giornata, e della metafora del dipinto. «A qualche centimetro, il dipinto è solo un punto di vernice. Poi, quando ci si allontana di qualche metro, il punto di vernice diventa una perla». Ecco, Leonardo riusciva a vedere «sia la vernice da vicino che la perla da lontano».
Ma Leonardo era anche un genio dell’esattezza, e Alessandro Baricco ci dice: «Chiunque sceglie le parole, vuole essere esatto». Noi usiamo i numeri appena possiamo; magari potrebbero essere utili anche per misurare i sentimenti. Ma come fare? Allora usiamo le parole, quelle più o meno esatte: «mai, forse, poco, infinitamente».
Ed ecco i numeri di Alessandro Baricco.
E infine, un messaggio di Baricco per noi, e per il nostro futuro: «Usiamo la tecnologia per salvare un’impressione, non per distruggerla. Avete un patrimonio di immagini e di frasi. Non abbiate paura. Mai paura».
“Inventare un immaginario comune” – Atelier con Alessandro Baricco
Intervista allo scrittore trascritta da Gabriele Pintus, alunno della Sezione Italiana del Lycée Marseilleveyre (Marsiglia)
Baricco: Cosa conoscete di me, quali miei libri avete letto?
Studenti: Gli studenti rispondono prevalentemente “Novecento”.
Studente: Da dove nasce l’idea per “Novecento”?
Baricco: “Novecento” un testo nato per il teatro. La storia che mi ha portato a scriverlo è questa. Avevo incontrato un attore che mi piaceva moltissimo sulla scena, poi un regista che amavo molto e quando vedevo i suoi spettacoli rimanevo affascinato. Vivevano entrambi a Torino, la mia città, e mi sono detto che avrei voluto scrivere qualcosa su di loro. Ho deciso di scrivere un monologo che ha debuttato nel 1994. L’ispirazione viene quindi da una persona reale, l’attore. Inoltre, mi piacevano i transatlantici e avevo molti libri a casa che trattavano di transatlantici e trovavo bellissime le band che suonavano sulle navi. Avevo poi in mente una storia, quella di un uomo che decideva di liberarsi dei suoi desideri uno dopo l’altro e alla fine rimaneva concentrato su un solo desiderio e sapevo anche quale poteva essere quello finale. Così le due storie si sono mescolate ed è nato “Novecento”.
Pubblico: Ci può dire chi erano l’attore e il regista? Come si chiamavano?
Baricco: L’attore è Eugenio Allegri che adesso si è trasformato nel personaggio di Novecento, forse perché ormai l’ha interpretato mille volte, il regista invece è Gabriele Vacis.
Studente: Qual è il libro che ha preferito scrivere?
Baricco: È stato sicuramente il primo perché a quel tempo non ero uno scrittore, facevo un altro lavoro. La cosa meravigliosa del primo libro è che nessuno te l’ha chiesto, sei tu che pensi che gli altri abbiano bisogno di questo libro ma agli altri potrebbe anche non interessare, è come aprire un negozio di gelati in un luogo in cui non ce n’è bisogno. Quando scrivi il primo libro, inoltre, sei uno sconosciuto, sei libero, non c’è un’immagine di te.
Studente: Quali sono i libri che più l’hanno colpito nella vita?
Baricco: Ci sono dei libri che sono importanti per la vita che fai: leggi quel libro e cambi come persona. Poi ci sono libri che sono importanti dal punto di vista tecnico per chi scrive. Ho imparato la grammatica fondamentale della scrittura leggendo Flaubert e Proust, poi sono passato a Salinger e Celine.
Quando scriviamo usiamo una certa cura, troviamo le parola giuste, costruiamo una frase bella. Cerchiamo poche parole in mezzo a migliaia. È come tirare con l’arco. Quando scriviamo costruiamo un rapporto con il mondo. Cercare parole in mezzo a migliaia non è una cosa semplice, in quel momento il cervello fa un lavoro velocissimo ed è un procedimento più ricco che parlare perché parlando non si ha quasi il tempo per pensare, invece con la scrittura ci si può fermare e fare delle modifiche, cambiare una parola, un aggettivo. In generale scrivere dovrebbe essere fatto sempre, per se stessi e per gli altri perché vi fa diventare grandi, vi fa respirare vita. Poi alcuni di voi potranno arrivare a dire “a me piacerebbe farlo per mestiere”, e allora lì è un’altra storia.
Studente: Poco prima ha parlato del suo interesse per le navi, io ho notato che invece i suoi protagonisti hanno interesse per i numeri.
Baricco: Quando noi scrittori scriviamo un libro lo diamo all’editor che lo corregge. Uno di essi una volta mi ha mandato a dire quante volte avevo scritto la parola “esattezza”. L’esattezza è qualcosa di meraviglioso ma che non esiste. Uno dei modi per mettere in ordine il mondo è contare. In genere ci piace il caos ma vogliamo l’ordine. Pensiamo all’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci. A quel tempo c’era la credenza che il corpo umano fosse costruito in maniera armonica. L’uomo vitruviano sta perfettamente in due figure: il cerchio e il quadrato. Il messaggio di questa immagine è questo: per quanto sia tutto estremamente caotico, tranquilli perché l’uomo è stato fatto con un’idea di ordine. Dentro l’uomo vitruviano c’è una fiducia nell’uomo e una centralità dell’uomo che prima di Leonardo non esisteva. Nessun uomo medievale avrebbe mai osato pensare di rappresentare un uomo così.
Studentessa: La scrittura è per lei qualcosa di analgesico o catartico?
Baricco: È una domanda importante. La scrittura è un gesto naturale benché sia un procedimento artificiale. Tutti scrivono, chiunque di noi lo può fare, soprattutto oggi. È come correre, ma c’è anche chi corre per andare alle Olimpiadi e questo è quello che fa lo scrittore di professione.
I numeri li usiamo appena possiamo e quando non lo facciamo usiamo le parole.
Da qui l’esattezza: chiunque sceglie le parole vuol essere esatto.
Studente: Come si capisce che si può diventare scrittore in un mondo in cui scrivere non è visto come una vera professione?
Baricco: Ci sono molte persone con una sensibilità importante, la gran parte di queste sono così nella vita ed è bello ed è difficile stare vicino a loro, altre persone tramutano questa sensibilità in una forza. Ecco la risposta a come capisco di poter essere uno scrittore: ti deve venire molto facile. Solo così comprendi che potresti usare la scrittura per trasformare la tua debolezza in una forza. Insomma, lo riconosci. Dopodiché è difficile capire quanto sei bravo, per quello ci vogliono anche anni.
Studente: C’è qualcosa di lei nei personaggi dei suoi libri?
Baricco: In tutti i personaggi dei miei libri c’è qualcosa di me, reale o ideale, e i lettori, anche quelli che mi conoscono bene non riescono mai a risalire a me. Io mi racconto o mi realizzo attraverso i miei personaggi che, a volte, sono proprio ciò che avrei voluto essere. A questo proposito porto l’esempio della mia passione per la musica, nella quale avrei voluto esprimermi, facendola diventare parte della mia vita ma, non essendoci riuscito, raggiungo il mio sogno facendolo vivere ad un personaggio di “Novecento”. I protagonisti dei miei racconti diventano insomma come degli “avatar” nei quali le mie caratteristiche e aspirazioni, positive e non, prendono vita, concretizzandosi.
Studente: Un libro deve servire a qualche cosa?
Baricco: Premetto che faccio finta di conoscere la risposta a questa domanda. I saggi secondo me devono essere utili, ma i romanzi no, non devono esserlo. Quando scrivo un romanzo voglio fare qualcosa di bello, non di utile.
Studente: Possiamo confrontare il genio di Leonardo con quello di Novecento?
Baricco: Novecento è un pianista che nasce su un transatlantico all’inizio del Novecento e passa tutta la sua vita lì, quindi non vede il mondo o almeno vede solo il mondo che passa sulla nave.
Se vogliamo trovare qualcosa di simile in Leonardo possiamo pensare alla mappa di Imola, vista in volo, dall’alto. A quei tempi volare era un sogno. Tornando indietro a quel periodo l’uomo non aveva questo tipo di sguardo e Leonardo ha fatto questa mappa mettendosi in un punto che gli altri non potevano avere e da quel punto ha guardato. Se guardiamo il fiume, non è così a Imola, ma lui l’ha fatto bello. Come ha fatto Leonardo ad avere questa prospettiva visto che le sue macchine per volare non funzionavano? Lui non aveva la possibilità di quello sguardo. Ebbene, ha misurato ogni casa di Imola, solo numeri, solo misurazioni. Poi si è chiuso nel suo studio e ha tradotto i numeri in uno sguardo impossibile, quello dall’alto. Questa è un’eredità difficilissima da cogliere. Tutti noi sappiamo calcolare e usare le parole ma abbiamo bisogno del genio per tradurlo in realtà. Ha fatto questo perché i pittori hanno questo sguardo, questa capacità. I pittori vedono vicino e lontano. A qualche centimetro il dipinto è solo un punto di vernice, poi, quando ci si allontana di qualche metro, il punto di vernice diventa una perla. Ecco, Leonardo riusciva a vedere sia la vernice da vicino che la perla da lontano.
Studentessa: Secondo lei, la tecnologia distruggerà la letteratura?
Baricco: La tecnologia è un’impressione. Voi avete un consumo di immagini che è molto superiore a quella che avevo io alla vostra età, ma è solo un’impressione. Usiamo la tecnologia per salvare quest’impressione, non per distruggerla. Abbiamo, avete, un patrimonio di immagini, di frasi. Non abbiate paura, mai paura.